Occupazione e disoccupazione durante la pandemia

Demetrio Panarello – Dip. di Scienze statistiche “Paolo Fortunati”, Unibo
Giorgio Tassinari – Dip. di Scienze statistiche “Paolo Fortunati”, UniBo

Le conseguenze della pandemia da Covid-19 sul mercato del lavoro italiano sono state assai profonde. Alla riduzione del livello di attività economica registrata nel 2020 ha fatto seguito una forte riduzione consistente sia degli occupati che delle forze di lavoro.
Queste riduzione ha interessato principalmente tre segmenti, in parte sovrapposti, delle forze di lavoro, ovvero le donne, i lavoratori autonomi e gli occupati dipendenti a termine. La crescita del PIL nel primo trimestre del 2021 pare manifestrasi come una jobless recovery, con una forte tendenza a sostituire gli occupati dipendenti permanenti con occupati temporanei.

La diffusione del COVID-19 ha provocato un forte rallentamento dell’attività economica.

Secondo la World Bank, il PIL globale del 2020 in relazione al 2019 è diminuito del 5,2%, mentre le stime dell’OECD segnalano una diminuzione compresa tra il 6% e il 7,6% (Brodeur, A. et al., 2021).
Per il 2021 le previsioni sono di una forte ripresa, che comunque resta assai differenziata per grandi aree geografiche e singoli paesi.

Per quanto riguarda l’Italia, l’ISTAT certifica per il 2020 riduzione del PIL al 9%, mentre nel 2021 ci si aspetta una crescita del 4,7%. Combinando i due tassi di variazione, il PIL 2021 rimarrebbe comunque inferiore di oltre il 5% a quello fatto registrare nel 2019.

Le implicazioni economiche della pandemia sono vaste e comunque incerte, con effetti sul mercato del lavoro, sulle filiere di produzione, sui mercati finanziari, sui consumi privati e sui livelli del PIL.
La profondità degli effetti negativi è a sua volta collegata alla severità delle misure di distanziamento sociale, alla loro durata e al rispetto delle regole da parte dei cittadini. Inoltre la pandemia e i conseguenti interventi ha provocato un incremento dei disturbi nervosi, un aumento della diseguaglianza economica ed effetti particolarmente aspri su specifici gruppi sociodemografici.

In questa sede il nostro interesse si concentra sulle conseguenze riguardanti il mercato del lavoro in Italia, pur nella consapevolezza che isolare la dinamica del mercato del lavoro dall’andamento generale del sistema economico porta con sé alcuni elementi di “riduzionismo”. Prenderemo in esame il periodo che va dall’aprile 2019 all’aprile 2021, utilizzando le informazioni messe a disposizione dall’Istat.

In termini generali, assumendo come punto di riferimento aprile 2019, ad aprile 2020 (ovvero all’acme della pandemia, con il lockdown più stringente) la diminuzione del numero di occupati è drammatica (-800mila unità). La diminuzione colpisce in maniera assai più intensa le donne (-500mila unità).

In accordo con la teoria del lavoratore scoraggiato, la diminuzione della domanda di lavoro conseguente al lockdown si riflette nella diminuzione delle persone in cerca di occupazione e nell’aumento degli inattivi. Come è già stato ampiamente sottolineato dai commentatori, il fenomeno dell’uscita dalle forze di lavoro interessa soprattutto le donne.

Nell’anno successivo (dall’aprile 2020 all’aprile 2021) si ha una ripresa dell’occupazione e della partecipazione alle forze di lavoro, in ragione soprattutto della diversa strategia di contenimento della pandemia adottata dal governo (le “zone colorate”) più che dalla effettiva diminuzione della forza espansiva del virus.
Inoltre, occorre tener presente l’effetto delle politiche di sostegno all’occupazione messe in atto dal governo, come il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione COVID.

Tavola 1: Forze di lavoro, occupato, in cerca di occupazione ed inattivi (in migliaia)

Tavola 1: Forze di lavoro, occupato, in cerca di occupazione ed inattivi (in migliaia)

La diminuzione dell’occupazione corrispondente alla “prima ondata” ha colpito soprattutto i lavoratori dipendenti a termine (i “precari” nel linguaggio comune), che registrano una diminuzione di quasi 600mila unità (-17%) e i lavoratori autonomi (-5,3%).
Al contrario la diminuzione tra i lavoratori dipendenti permanenti è assai contenuta (-60mila unità), ma diviene più accentuata all’aprile 2021 (-222mila unità, pari all’1,5%).

Prosegue anche la diminuzione degli occupati in posizione di indipendente (-184mila unità, pari al 3,6%).
Nel periodo tra aprile 2020 e aprile 2021 (ovvero tra due punti di massimo della pressione pandemica) l’unico aggregato occupazionale che risulta in crescita è quello dei lavoratori dipendenti a termine (+230mila unità, pari all’8,9%).
Sotto questo profilo l’uscita dalla pandemia ci consegna un mercato del lavoro più debole sotto il profilo quantitativo (un milione di occupati in meno), ma anche più snervato sotto il profilo qualitativo: aumentano i lavoratori precari, diminuiscono le donne occupate (-500mila unità rispetto ad aprile 2019).
E la ripresa dell’attività produttiva sembra favorire solo l’occupazione precaria.

Tavola 2. Occupati per posizione nella professione e tipo (in migliaia)

Tavola 2: Occupati per posizione nella professione e tipo (in migliaia)

Le prospettive non sono incoraggianti: sembra preannunciarsi una jobless recovery ed un processo di sostituzione tra occupati permanenti e occupati temporanei, in continuità con le tendenze del periodo precedente l’inizio della pandemia.

 

Bibliografia

Brodeur, A., Gray, D., Islam, A., & Bhuiyan, S. (2020). A literature review of the economics of COVID‐19. Journal of Economic Surveys, pp. 1-38, DOI: 10.1111/joes.12423

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