I gruppi sociali, una descrizione della società italiana

Eleonora Meli, Andrea Cutillo

Il Rapporto annuale 2017 dell’Istat ha dato una lettura dell’andamento complessivo del Paese tramite una suddivisione delle famiglie in gruppi sociali. L’analisi della società attraverso i gruppi sociali si inserisce tra gli studi condotti dall’Istituto sulle diseguaglianze, intese non solo in termini di distribuzione delle risorse economiche, ma anche in termini di collocazione sul mercato del lavoro e di partecipazione sociale e culturale.

I gruppi sociali sono frutto dell’aggregazione delle famiglie residenti in Italia. La scelta della dimensione familiare è motivata dal fatto che tutti i componenti di una stessa famiglia partecipano allo stesso sistema di risorse (economiche e non), condividendole, e dunque collocandoli nella stessa posizione sociale.

Tramite una tecnica non parametrica a segmentazione gerarchica[1] le famiglie residenti sono state aggregate in nove gruppi sociali, distinti a loro volta in base al reddito.

Tra i gruppi a medio reddito, i giovani blue-collar formano 2,9 milioni di famiglie (11,3% del totale) e 6,2 milioni di individui (10,2% del totale). Appartengono a questo gruppo famiglie la cui persona di riferimento[2] nel 75,2% dei casi è operaio, nel 24,8% si tratta di persone con contratti di lavoro atipico[3]; il titolo di studio prevalente è la licenza media (46,3%). Quanti hanno un titolo universitario sono in larga prevalenza lavoratori atipici, mostrando come questa forma contrattuale ha una scarsa resa reddituale.

Le famiglie degli operai in pensione sono 5,8 milioni (22,7%) e 10,5 milioni di individui (17,3%), la persona di riferimento è ritirata dal lavoro nell’82,8% dei casi, l’età media è molto elevata (72 anni) e sono generalmente coppie senza figli (41,6%) o persone sole (37,0%).

Le famiglie a basso reddito con stranieri sono 1,8 milioni (7,1%) e 4,7 milioni di individui (7,8%). Risiedono più spesso in zone con maggiori possibilità sul mercato del lavoro, quindi nei grandi centri urbani (20,3%) e nel Centro-Nord. Oltre l’80% delle persone di riferimento di questo gruppo è occupata.

Le famiglie a basso reddito di soli italiani sono 1,9 milioni (7,5%) e 8,3 milioni di individui (13,6%). Risiedono prevalentemente al Sud (36,4%) e hanno una dimensione familiare di nucleo con figli (90,7%).

Le famiglie tradizionali della provincia: definite tradizionali perché ripropongono un modello di famiglia numerosa (4,3 componenti di media) e a più generazioni che sta scomparendo; sono meno di un milione di famiglie (3,3%) e 3,6 milioni di persone (6%). È il gruppo più caratterizzato del modello del male breadwinner: l’89% delle persone di riferimento in queste famiglie sono maschi. Definito “della provincia” in quanto risiedono prevalentemente in comuni di piccole e medie dimensioni.

descrizione gruppi sociali italiani

Anziane sole e giovani disoccupati: sono 3,5 milioni di famiglie (13,8%), che comprendono 5,4 milioni di persone (8,9%). Nell’88,7% dei casi la persona di riferimento è inattiva, con una minoranza in cui la persona di riferimento è disoccupata (11,3%). Le inattive sono prevalentemente donne in età avanzata (in media 68,4 anni) il cui reddito proviene prevalentemente da pensioni non da lavoro; la componente dei disoccupati è a prevalenza maschile e di età mediamente più giovane (43,1 anni).

Tra i gruppi di benestanti ci sono le famiglie di impiegati pari a 4,6 milioni (17,8%) e 12,2 milioni di individui (20,1%). Il gruppo è il secondo per prevalenza femminile come persona di riferimento (41,2%). Tutte le persone di riferimento di questo gruppo sono occupate, di cui il 77,4% in posizione impiegatizia, inoltre hanno tutti almeno il diploma di scuola superiore.

Con le cosiddette “Pensioni d’argento” troviamo 2,4 milioni di famiglie (9,3%) e 5,2 milioni di individui(8,6%). La persona di riferimento è in più di due terzi dei casi ritirato dal lavoro. Rientrano nel gruppo in prevalenza quanti erano in posizioni impiegatizie o dirigenziali, e sono andati in pensione con il sistema retributivo. Pur non rientrando, quindi, nei privilegi delle cosiddette pensioni d’oro, sono protetti dalle più favorevoli disposizioni normative del passato. Risiedono prevalentemente nel Nord-ovest (34,9%) e nei comuni centro dell’area metropolitana (20,1%).

Della “Classe dirigente” fanno parte 1,8 milioni di famiglie (7,2%) e 4,6 milioni di individui (7,5%). Il loro reddito familiare equivalente è il 70% più alto della media. Il 40,9% delle persone di riferimento è un dirigente o quadro (quasi dieci volte più che nella media nazionale), nel 29,1% imprenditori (sette volte più che nella media) e nel 30% ritirati dal lavoro. Il vantaggio reddituale è anche risultato del titolo di studio della persona di riferimento: il 75,5% ha un titolo universitario e uno su quattro ha conseguito un titolo post laurea.

I nove gruppi così individuati hanno consentito di mettere in luce, anche a parità di risorse economiche disponibili, le disomogeneità esistenti: esemplificativo è il titolo di studio, che ha un forte effetto protettivo per i gruppi in cui la persona di riferimento ha un’età elevata, ma che non assume la stessa funzione per quelli in cui la persona di riferimento è giovane e, spesso, più svantaggiata dal punto di vista dell’inserimento nel mercato del lavoro. L’analisi delle diseguaglianze sociali si arricchisce, quindi, di ulteriori fattori di inclusione ed esclusione sociale, che si aggiungono e si affiancano alla condizione occupazionale, elemento sempre indispensabile, ancorché parziale, dello studio della struttura sociale.

 

Bibliografia di riferimento

Clark, T.N. e S.M. Lipset (1991). “Are social classes dying?”, International Sociology 6(4): 397-410.

Cobalti, A. e A. Schizzerotto (1994). La mobilità sociale in Italia. Bologna: il Mulino.

Erikson, R., J.H. Goldthorpe e L. Portocarero (1996). “Intergenerational class mobility in three western European societies: England, France and Sweden”, British Journal of Sociology 30: 415-441.

Erikson, R. e J.H. Goldthorpe (1992). The constant flux: A study of class mobility in industrial societies. Oxford: Clarendon Press.

Goldthorpe, J. H. e K. Hope (1974). The social grading of occupations: A new approach and scale. Oxford: Clarendon Press.

Savage, M. (2015). Social class in the 21st century. London: Penguin.

Schizzerotto, A. (1988). Classi sociali e società contemporanea. Milano: Franco Angeli.

Sylos Labini, P. (1974). Saggio sulle classi sociali. Roma-Bari: Laterza.

Zani, S., Cerioli, A. (2007). Analisi dei dati e data mining per le decisioni aziendali. Milano: Giuffrè editore.

[1] Chaid: Chi-square Automatic Interaction Detection

[2] Per persona di riferimento si intende il principale percettore di reddito in famiglia.

[3] Lavoratore dipendente con contratto a termine o lavoratore indipendente con contratto di collaborazione.

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