I numeri dei farmaci biologici: fra innovazione e sostenibilità

Giovanna Barbera, MsC, Outcome Research Unit, Statinfo, Renate, MB, Italy. giovanna.barbera@statinfo.it

Carlotta Galeone, PhD ScD , Department of Clinical Sciences and Community Health, Università degli Studi di Milano, Milano, Italy. carlotta.galeone@unimi.it.

 

I farmaci biologici sono una classe di farmaci di nuova generazione studiati per agire soltanto su una singola struttura (che può essere una proteina, un recettore o anche una sequenza di DNA), aumentando così l’efficacia della terapia e riducendo, nel contempo, gli effetti indesiderati. Questi farmaci sono ottenuti mediante tecniche di ingegneria genetica che, attraverso alcune manipolazioni della molecola originaria, permettono la produzione di farmaco da parte di sistemi viventi (quali cellule di batteri, vegetali o animali), così da poterne produrre su larga scala[1]. Il primo farmaco biologico risale ai primi anni ottanta, quando in laboratorio è stata prodotta l’insulina ricombinante partendo dal batterio Escherichia coli.

La grande diffusione di questi farmaci è avvenuta nel nuovo millennio, aprendo nuovi paradigmi di trattamento con efficacia nelle cure mai osservata prima, soprattutto nell’ambito delle malattie autoimmuni (quali ad esempio la psoriasi, l’artrite reumatoide, il lupus), le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa) e alcuni tipi di tumore (soprattutto quelli della mammella, del fegato, del rene e del colon).

Il mercato dei farmaci biologici si è fortemente consolidato nel corso degli ultimi due decenni. Il segmento dei biologici rappresenta oggi circa il 25% del valore del mercato mondiale dei farmaci e oltre il 50% dei farmaci in fase di sviluppo[2]. Le previsioni al 2022 indicano una crescita media annua attesa di circa il 10%. Si pensi che tra i dieci farmaci prescritti più venduti al mondo nel 2016, sette appartengono al comparto dei farmaci biologici e i primi due (che occupano il primo e il terzo posto della classifica delle vendite) sono indicati per il trattamento di numerose malattie autoimmuni, in particolare l’ artrite reumatoide, la psoriasi e altre condizioni infiammatorie[3].

In Italia, come nei principali paesi industrializzati, l’ammontare della spesa per questi farmaci è rilevante e in continua crescita. Un recente rapporto indica che il mercato dei biologici copre il 35% circa della spesa ospedaliera (concentrata per il 94% negli ospedali) e il 13% circa di quella farmaceutica (dati riferiti al 2014), con incrementi annui prossimi all’8%[4].

Va sottolineato che negli anni più recenti, per effetto dello scadere delle coperture brevettuali di questi medicinali e della contestuale autorizzazione all’immissione in commercio dei farmaci biosimilari, si stanno liberando sempre più risorse economiche a vantaggio di sistemi sanitari e pazienti. Come per i farmaci equivalenti, i farmaci biosimilari sono meno costosi degli originator, ma a differenza dei generici, che sono uguali alla specialità farmaceutica di riferimento, i biosimilari sono solo simili in termini di qualità, sicurezza ed efficacia ai prodotti originatori. Questo perché il processo produttivo di un farmaco biologico non può essere standardizzato e non è costantemente riproducibile in ragione del fatto che il processo produttivo è caratterizzato da un certo grado di variabilità.

Analogamente agli altri paesi, anche in Italia la quota di mercato dei farmaci biosimilari è aumentata rispetto al mercato delle molecole di riferimento (originator e biosimilare), passando dall’1.3% al 32.9% in pochi anni. La tendenza è destinata a proseguire: nel 2015 è venuta meno l’esclusività di infliximab (usato nella cura delle malattie autoimmuni), nel 2016 ha avuto inizio la commercializzazione dei biosimilari dell’insulina glargine (cura del diabete) e dell’etanercept (malattie autoimmuni), nel 2018 scadrà il brevetto di adalimumab (il farmaco attualmente in cima alla classifica del valore delle vendite mondiali, usato nelle malattie autoimmuni).

I farmaci biologici sono molto costosi e hanno un impatto importante sulla spesa farmaceutica del Sistema Sanitario. Ad esempio, per ciascun paziente con artrite reumatoide che inizia un trattamento con farmaco biologico, si stima un costo medio  fra i 13 e 15.000 euro per il primo anno di trattamento[5].

In un Sistema Sanitario con risorse limitate, solo un uso appropriato di questi farmaci costosi (ad esempio mediante l’utilizzo di registri di monitoraggio e una maggior attenzione alle performance del farmaco nella pratica clinica) e un maggior ricorso alla prescrizione di farmaci biosimilari permetterà un accesso alle cure a un numero sempre più ampio di pazienti che potranno beneficiare di questa particolare classe di farmaci.

 

[1] http://www.nytimes.com/ref/business/20070611_VAT_GRAPHIC.html#

[2] World Preview 2016, Outlook to 2022. EvaluatePharma, 9° edizione, Settembre 2016

[3] https://igeahub.com/2017/08/08/top-20-drugs-in-the-world-2017/

[4] La diffusione dei farmaci biotecnologici, le politiche sui biosimilari e le evidenze di costo-efficacia, 3° Rapporto di Ricerca, Centro Studi e Ricerche Biotecnologie Sanitarie e Settore Biotec, Novembre 2015

[5] Fedele, Daniela, et al. “ANALISI DI COSTO EFFICACIA DEI FARMACI BIOLOGICI NEL TRATTAMENTO DELL’ARTRITE REUMATOIDE Cost-effectiveness analysis of drugs biological in rheumatoid arthritis.” Giornale Italiano di Farmacoeconomia e Farmacoutilizzazione 7.3 (2015): 44-52.

 

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