Logistica ospedaliera: il futuro dei reparti Covid al vaglio dei dati

Salvatore Massa – AORN Sant’Anna e San Sebastiano – Caserta

Alberto Maria De Mascellis – Università degli Studi di Napoli Federico II

Maria Gabriella Grassia – Università degli Studi di Napoli Federico II

 

L’insorgere delle prime avvisaglie dell’infezione da SARS-CoV-2 o Covid-19 ha generato una serie di problematiche su scala globale, inizialmente pandemiche poi sindemiche ed infine endemiche. Le soluzioni adottate hanno cercato di essere proporzionate negli effetti ed organiche nella loro realizzazione. Si è sentita l’esigenza di incentivare la popolazione a vaccinarsi e ad utilizzare Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e pratiche di responsabilità civile.
Allo stesso modo, oggi che il virus sta diventando endemico, non è pensabile che la sola campagna vaccinale sia, se pur insostituibile, sufficiente a debellare le problematiche legate al Covid-19.
Dall’analisi dei dati del Dipartimento di Protezione Civile, elaborati per regione e riguardanti il periodo temporale febbraio 2020 – agosto 2022, emerge una situazione endemica che richiede uno sforzo congiunto e interdisciplinare per monitorare le misure finora messe in pratica e garantire una profilassi responsabile e informata per le strutture sanitarie.

 

In un presente che vede sempre più sfaccettata l’idea di futuro, anche il concetto di innovazione è stato largamente ripensato e spesso riferito ad ottimizzare qualcosa che già funziona.
Lo dimostrano anche nel senso comune casi imprenditoriali come quello di Elon Musk, che vede una larga parte della propria reputazione basata non tanto (e non solo) su idee avveniristiche che raccontano di altri pianeti o automobili futuristiche, quanto su sistemi meccanici concreti atti a riciclare specifiche componenti di tecnologia pensata per lo spazio e migliorarne l’efficienza sul lungo periodo, con la possibilità di risparmiare denaro per milioni di dollari.
È del resto una logica, questa, in linea con le attuali necessità globali: non costruire realtà nuove, a rischio di essere ingombranti e costose, ma far funzionare meglio quelle che già esistono.

La realtà dei reparti Covid-19 ricade certamente sotto questo potenziale ambito di ottimizzazione: si tratta infatti di strutture separate da quelle preposte al trattamento dei pazienti generici, con una serie di spazi e professionalità che un tempo era utile e coerente tenere separati, in uno scenario che oggi potrebbe essersi modificato.
Alla luce del ridotto afflusso a questo tipo di strutture, nonché delle peculiarità del virus che oggi si vanno ad affrontare, potrebbe essere auspicabile un nuovo modo di allocare i reparti Covid in modo da affrontare con maggiore prontezza qualsiasi possibile evoluzione pandemica o endemica del virus.
Il “new normal” potrebbe riguardare, come sta già avvenendo in molti reparti italiani e del resto del mondo, pratiche sanitarie standardizzate dalle più basilari, come il lavaggio delle mani, fino a modifiche infrastrutturali più estese come l’obiettivo di “no-waiting rooms”, snellendo cioè quegli spazi che possono risultare forieri d’infezione e che possono in qualche modo essere allocati diversamente o meglio ancora digitalizzati.
Currie (2020), in tal senso, offre una prospettiva futura che vede gli spazi destinati all’infezione in qualche modo “contenuti” nei reparti tradizionali:

“I reparti saranno rimodulati e i futuri reparti pianificati con zone a rischio biologico e zone che invece ne sono prive, in modo simile del resto a quanto accade con le zone a rischio radiazioni rispetto a quelle standard.
Questa pianificazione, specialmente se supportata da un color coding, minimizzerà il rischio di infezione. […]
Questo includerà il controllo e l’aggiornamento delle credenziali (credentialing and recredentialing) per tutto lo staff […] e l’utilizzo di un COVID-kit, un contenitore con tutta la strumentazione necessaria per gestire un paziente infetto o uno scenario che non metta a rischio lo staff, oltre a pratiche di lavoro flessibile e da remoto quando possibile.”

L’idea dei “safely segregated workstreams” (Taylor, Williams, 2021) potrebbe del resto incontrare una lettura dei dati favorevole rispetto alle effettive esigenze dei reparti Covid al tempo presente, limitando ulteriormente il numero di vittime per i motivi sopra elencati e contribuendo non soltanto a un’auspicabile, solida ripresa, ma anche al consolidamento di un “resilience planning” se in futuro si dovessero affrontare recrudescenze dell’infezione o un’altra, similare minaccia per la salute e il benessere dei cittadini.

Quando si cerca di ricostruire il quadro pandemico della nostra penisola è sempre utile ricordare che il Sistema Sanitario Nazionale si articola in sottosistemi ripartiti a livello regionale, ciascuno dotato di una sua autonomia territoriale, ferme restando le linee guida governative.

Osservando le serie storiche è possibile notare il diverso assorbimento dell’impatto pandemico nel tempo a carico delle regioni in (Fig.1) in termini di numero di ricoveri: Lombardia, Val d’Aosta, Emilia-Romagna e Piemonte hanno registrato i picchi più alti nella prima ondata (marzo 2020; Val d’Aosta e Piemonte nella seconda (dicembre 2020-aprile 2021 e sempre Val d’Aosta ed Emilia-Romagna nella terza (gennaio 2022).
Una seconda valutazione riguarda l’impiego di terapia intensiva, che vede ancora una volta coinvolto maggiormente il settentrione con la lieve eccezione delle Marche per la prima ondata e dell’Umbria per la seconda.
Si registra in generale una netta  decrescita del numero di ricoverati in terapia intensiva  Incide certamente su questi risultati l’elevata copertura vaccinale, il completamento dei cicli di vaccinazione ed il mantenimento di una elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo, con particolare riguardo alle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali” che mitigano “l’impatto soprattutto clinico dell’epidemia (Istituto Superiore della Sanità, Report 120, dati relativi alla settimana 22/08/2022-28/08/2022 e aggiornati al 31/08/2022).

Non è quindi un caso che l’isolamento domiciliare appaia, graficamente parlando, per certi versi speculare rispetto ai ricoveri e in particolare alla terapia intensiva: le diverse procedure di trattamento dei pazienti e gli effetti certamente benefici della campagna vaccinale hanno consentito uno sgravio dalle strutture ospedaliere in favore di una gestione più delocalizzata del fenomeno.

La migliore gestione dei reparti e delle terapie intensive trae certamente beneficio dai minori ricoveri generali, come mostra l’apposito grafico, ma la mutevolezza dello scenario è un dato che emerge allo stesso modo e che non deve essere assolutamente sottovalutato in nessun caso.
Allo stesso modo, l’ingente quantitativo di risorse sbloccate dal PNRR Missione 6 Salute (15,63 miliardi ripartiti in due macro-obiettivi) non deve spingere a facili entusiasmi, valutando con attenzione l’efficacia (oltre che efficienza) degli investimenti che verranno fatti nel tentativo di debellare definitivamente la minaccia pandemica, o quantomeno di aprire a una “nuova normalità” che sia la meno gravosa possibile per la salute fisica e psicologica dei cittadini, con particolare riferimento alle fasce più fragili e svantaggiate della popolazione (Busetta et al., 2020). Le “bolle” Covid nelle strutture ospedaliere risultano per il momento la scelta migliore da operare. Il futuro della gestione del virus resta, comunque incerto: una nuova ondata potrebbe sconvolgere il precario equilibrio delle “bolle” Covid nelle strutture ospedaliere e una o più varianti potrebbero obbligare alla riapertura degli appositi reparti.

Se è vero quanto sostiene Donati (2020), gli assi su cui si snoderà la ripresa italiana post-pandemica riguardano in prima istanza la capacità di mediazione tra una gestione economica oculata, l’universalismo dell’offerta sanitaria su base territoriale e la capacità di reazione del sistema sanitario a possibili ricadute, cui ci sentiamo di aggiungere un auspicabile aumento della consapevolezza su base sociale.

 

Fig 1 – Dati ogni 1.000 abitanti– ns elaborazioni su dati del Dipartimento di Protezione Civile

 


 

Riferimenti bibliografici

Busetta G., Campolo M.G., Panarello D., (2020) Letalità del COVID-19 nelle regioni italiane: sottostima dei casi positivi o carenza di strutture?, Statistica e Società, 2.

Currie G. (2020), A Lens on the Post-COVID-19 ‘‘New Normal’’ for Imaging Departments, Journal of Medical Imaging and Radiation Sciences, 361-363.

Donati N., (2020), Il decentramento della sanità italiana: Covid-19, Nord e Sud e contenimento della spesa sanitaria, Fondazione Feltrinelli, da https://fondazionefeltrinelli.it/il-decentramento-della-sanita-italiana-covid-19-Nord-e-sud-e-contenimento-della-spesa-sanitaria/

Polillo R., Tognetti M., (2021), Le disuguaglianze crescono, a partire da quelle in salute, fermiamo il regionalismo differenziato, Quotidiano Sanità, da http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=99314

Provenzano, V. (2021), Covid-19, documento SIAARTI e gerarchie dicura: cambiamenti e comportamenti sanitari in Italia, EyesReg, 11:2.

Taylor A., Williams C. (2021), COVID-19: Impact on radiology departments and implications for future service design, service delivery, and radiology education, British Journal of Radiology, 94: 06-32.

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