Occupazione e disoccupazione dopo il COVID-19: l’approfondimento del dualismo

Demetrio Panarello – Università di Bologna

Giorgio Tassinari – Università di Bologna

 

La rilevazione delle forze di lavoro del marzo 2022 mette in evidenza un forte incremento del numero di occupati rispetto ad un anno prima (+804.000 unità, pari al +3,6%) ed il tasso di occupazione registra un valore del 65,5%. Simultaneamente, il tasso di disoccupazione scende all’8,3% (-1,8 punti percentuali rispetto ad un anno prima) ed anche il tasso di inattività diminuisce in maniera netta (34,5%, pari a -1,7 punti percentuali rispetto a marzo 2021). Sotto il profilo meramente quantitativo, la situazione del mercato del lavoro sembrerebbe aver recuperato pienamente i livelli antecedenti la crisi dovuta alla pandemia. Sotto il profilo qualitativo, al contrario, si registra un approfondimento degli elementi critici già presenti nel mercato del lavoro italiano: la “fine” della pandemia non è stata accompagnata da provvedimenti aventi l’obiettivo di correggere tali criticità.

 

La rilevazione delle forze di lavoro del marzo 2022 mette in evidenza un forte incremento del numero di occupati rispetto ad un anno prima (+804.000 unità, pari al +3,6%) ed il tasso di occupazione registra un valore del 65,5%.
Simultaneamente, il tasso di disoccupazione scende all’8,3% (-1,8 punti percentuali rispetto ad un anno prima) ed anche il tasso di inattività diminuisce in maniera netta (34,5%, pari a -1,7 punti percentuali rispetto a marzo 2021).
Sotto il profilo meramente quantitativo, la situazione del mercato del lavoro sembrerebbe aver recuperato pienamente i livelli antecedenti la crisi dovuta alla pandemia. Sotto il profilo qualitativo, al contrario, si registra un approfondimento degli elementi critici già presenti nel mercato del lavoro italiano: la “fine” della pandemia non è stata accompagnata da provvedimenti aventi l’obiettivo di correggere tali criticità.

Vediamone alcune più in dettaglio.
Permane invariato il “gap” occupazionale tra donne e uomini (il dato più recente evidenzia un dato di occupazione maschile del 74,6%, a fronte del 56,4% per le donne).
A sua volta, il tasso di disoccupazione maschile è del 7,6%, rispetto al 9,2% delle donne.
Si approfondisce ulteriormente rispetto al periodo pre-pandemia la diffusione dei posti di lavoro precari. I lavoratori dipendenti a termine tra il marzo 2021 ed il marzo 2022 aumentano di circa 430.000 unità, con una variazione del 15,7% rispetto ad un anno prima; i lavoratori dipendenti permanenti, nello stesso arco di tempo, aumentano di 312.000 unità, pari al +2,1%.
La crescita dei lavoratori dipendenti a termine copre, quindi, oltre il 50% della crescita occupazionale complessiva.

Un ulteriore elemento critico è rappresentato dalla variabilità del tasso di disoccupazione per classe di età.
Nel corso di un anno, il tasso di disoccupazione complessivo è diminuito di 1,8 punti percentuali, attestandosi all’8,3% nel marzo 2022; il tasso di disoccupazione giovanile (età 15-24) registra un valore del 24,5%, con una diminuzione molto marcata rispetto ad un anno prima (-7,7 punti percentuali).
Pur con un notevole segnale di miglioramento, l’inserimento dei giovani nel mercato del lavoro rimane un punto critico nel nostro sistema. Vedremo nei prossimi mesi se questa tendenza alla diminuzione della disoccupazione giovanile andrà a consolidarsi per effetto delle sole forze “di mercato” o se si renderanno necessari interventi di tipo normativo.

Se lo squilibrio tra occupazione maschile e femminile è una caratteristica di lungo periodo della società italiana e richiede molto tempo per essere annullato, la diffusione della precarietà lavorativa è più facilmente aggredibile nel breve periodo, attraverso modificazioni dell’assetto legislativo.
Un esempio assai interessante è rappresentato dalla Spagna, Paese in cui è stata approvata alla fine del 2021 una riforma del mercato del lavoro che ridà centralità alla contrattazione collettiva e riduce la precarietà. Senza entrare nei dettagli della riforma, questa affronta tre nodi: la limitazione delle forme di esternalizzazione del lavoro mediante contratti interinali, l’adeguamento dei salari dei lavoratori esternalizzati a quelli dei lavoratori interni e la riduzione drastica delle tipologie di contratti a tempo determinato, con l’introduzione di una rigorosa causalità dovuta a circostanze produttive eccezionali.
Va osservato che i governi italiano e spagnolo dedicano al contrasto della precarietà la stessa percentuale di fondi Next Generation EU (3,4%); tuttavia, la Spagna ha affrontato anche gli aspetti legislativi. Benché sia decisamente troppo presto per trarre conclusioni sugli effetti della riforma, vale la pena osservare che nel corso del primo trimestre del 2022 il numero dei lavoratori a tempo determinato è diminuito in Spagna da 4,3 milioni di unità a 4,1 milioni, mentre quelli a tempo indeterminato sono aumentati da 12,6 a 12,8 milioni.

Infine, una questione assai rilevante – potremmo dire la questione “regina” – è rappresentata dalla stagnazione dei salari e degli stipendi negli ultimi anni.
In Italia, rispetto al 2015 (2015 = 100), il numero indice delle retribuzioni contrattuali per dipendente assume nel marzo 2022 il valore di 105,1. Sempre nel marzo 2022, l’indice dei prezzi al consumo armonizzato per la Comunità Europea raggiunge il livello di 111,3, con un incremento rispetto al maggio del 2021 di 6,3 punti percentuali.
Senza addentrarci nella disamina delle ragioni di questa forte accelerazione dell’inflazione, va sottolineata la perdita di reddito reale e di potere d’acquisto da parte dei lavoratori dipendenti, elemento che tra l’altro rende più debole la domanda interna per consumi e frena la ripresa del sistema economico.
Vi è da osservare che l’accelerazione dell’inflazione negli ultimi mesi del 2021 e all’inizio del 2022 è un fenomeno globale (l’Indice Prezzi al Consumo Armonizzato per il complesso dei Paesi dell’area Euro raggiunge il livello di 114,46), ma ben diversa è stata la risposta in termini salariali.
Nel complesso dell’area Euro, i salari netti dal 2015 sono aumentati in media del 14%, dando luogo così ad una piena difesa del potere d’acquisto, a differenza di quanto verificatosi in Italia.

Sarebbe illusorio pensare che le sole forze “di mercato” siano in grado di eliminare, o almeno attenuare, le criticità a cui abbiamo accennato. Si rende necessario un intervento legislativo e regolativo rinnovato tale da contrastare in modo efficace le disuguaglianze che la pandemia da COVID-19 ha accentuato.

 


 

Riferimenti bibliografici

Istat (2022), Occupati e disoccupati, marzo 2002, Statistiche Flash, 02/05/2022; https://www.istat.it/it/files//2022/05/CS_Occupati-e-disoccupati_MARZO_2022.pdf.

Istat (2022), Contratti collettivi e retribuzioni contrattuali, gennaio-marzo 2022, Statistiche Flash del 28/04/2022
https://www.istat.it/it/files//2022/04/Contratti-collettivi-e-retribuzioni-contrattuali_GENNAIO-MARZO-2022.pdf.

Istat (2022), Prezzi al consumo, Statistiche Flash del 15/04/2022
https://www.istat.it/it/files//2022/04/CS_Prezzi-al-consumo_Def_Marzo22.pdf;

de Minicis (2002), Mercato del lavoro: dalla Spagna una riforma al passo con i tempi, La voce.info del 04/05/2022,
https://www.lavoce.info/archives/94779/mercato-del-lavoro-dalla-spagna-una-riforma-al-passo-coi-tempi/

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