Carlotta Galeone, PhD ScD , Department of Clinical Sciences and Community Health, Università degli Studi di Milano, Milano, Italy. carlotta.galeone@unimi.it.
Claudio Pelucchi, ScD , Department of Clinical Sciences and Community Health, Università degli Studi di Milano, Milano, Italy. claudio.pelucchi@unimi.it.
Forse pochi sanno perché i vaccini si chiamino vaccini. Per cercare la risposta bisogna tornare indietro nel tempo, più precisamente nel XVIII secolo quando il medico britannico Edward Jenner, che lavorava nelle campagne nei dintorni di Bristol, osservò che le mungitrici di mucche non venivano infettate dal vaiolo umano. Ebbe l’intuizione di utilizzare il pus delle mucche malate (da cui il nome vaccino) per infettare un ragazzino sano. Per qualche giorno, egli ebbe la febbre, ma guarì. Jenner ipotizzò che il ragazzino fosse così immunizzato al vaiolo umano ma per averne certezza lo infettò successivamente con pus di vaiolo umano (che risultava altamente pericoloso anche in piccole dosi e in stato essiccato). Il ragazzino non si ammalò. Fortunatamente per il ragazzino e per l’umanità la condotta non proprio etica del medico inglese portò alla scoperta del vaccino contro il vaiolo. Negli anni ’80, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarò la completa scomparsa del vaiolo su tutta la Terra e solo alcuni campioni sono conservati ad oggi in qualche laboratorio americano e russo.
Secondo l’OMS, se almeno il 95% della popolazione è vaccinata si ottiene la così detta immunità di popolazione, cioè si proteggono per via indiretta anche coloro che – per motivi di salute – non si possono vaccinare. Guardando i dati ufficiali sulle coperture vaccinali in età pediatrica riportati dal sito del Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_8_3_1.jsp?id=20) si nota che le percentuali di bambini di 24 mesi vaccinati contro il morbillo sono sensibilmente aumentate fino alla metà del primo decennio del XXI secolo, per poi stabilizzarsi. Dal 2013 si è osservato un progressivo calo con differenze territoriali e secondo il tipo di vaccino. Mentre l’incremento di copertura del vaccino esavalente (poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse e Haemophilus influenzae) è stato di circa due punti percentuali, attestandosi al 93,4% nel 2015, il vaccino trivalente (morbillo, parotite e rosolia) ha perso maggior copertura. Infatti, la sua copertura vaccinale è scesa di 5 punti percentuali, passando dal 90,4% nel 2013 all’85,3% nel 2015.
Per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica e ridimensionare il timore popolare per gli eventi avversi da vaccini, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha appena pubblicato il report sulla sorveglianza post marketing dei vaccini nel biennio 2014/2015 (http://www.aifa.gov.it/sites/default/files/Rapporto_sorveglianza_post-marketing_dei_vaccini_2014-2015.pdf). Al 31 dicembre 2016, le segnalazioni di eventi avversi a vaccini riportate nel 2014 sono state 8.873 (pari al 18% di tutte le segnalazioni per farmaci e vaccini) contro le 3772 (9% del totale) nel 2015. Le segnalazioni di eventi “non gravi” sono oltre l’85%. Le segnalazioni di sospetta reazione avversa con esito fatale sono state 69 nel 2014 (pari allo 0.8% del totale) e 9 nel 2015. Entrando nel dettaglio dei 69 casi di morte sospetta nel 2014, si osserva che 67 erano anziani con età compresa fra 67 e 95 anni (età media 83) e due bambini di 2 e 3 mesi, entrambi vaccinati con esavalente e antipneumococco 13-valente. Nella popolazione adulta deceduta, in un caso il vaccino sospetto era l’antipneumococco, nei restanti 66 casi era il vaccino anti influenzale. Nell’anno 2015 i 9 casi fatali erano 6 adulti ultra settantenni (tutti vaccinati con antinfluenzale) e 3 bambini di 2 e 3 mesi, e 13 anni. Secondo AIFA, applicando l’algoritmo dell’OMS per la valutazione del nesso di causalità, nessun caso di decesso né nel 2014 né del 2015 era imputabile alla vaccinazione.
I dati nazionali di copertura vaccinale hanno destato preoccupazioni a livello di salute pubblica, portando recentemente il Centro per il Controllo e la Prevenzione delle malattie americano a dichiarare che l’Italia è un paese a rischio per il morbillo. In Italia, nel primo quadrimestre del 2017, si sono verificati quasi 1500 casi di morbillo. La maggior parte di essi erano persone adulte non vaccinate e l’età media dei colpiti è di 27 anni. Per ogni 10 casi, 4 sono stati ricoverati in ospedale e il 33% ha avuto complicanze. Le infezioni da morbillo, come anche da parotite e pertosse, sono inoltre difficili da controllare, poiché hanno un tasso di riproduzione di base elevato pari a 15. Questo vuol dire che una persona infetta è in grado di infettarne mediamente altre 15, rispetto alle 2-3 dell’influenza stagionale.
Come tutti gli interventi medici, anche la vaccinazioni hanno degli effetti collaterali, ma la statistica può aiutare a comprenderne il profilo di rischio e beneficio. Le reazioni locali alla vaccinazione sono le più riportate. Il tipo di evento avverso più grave per il vaccino del morbillo è una encefalite, che compare in meno di un caso su un milione ed è risolvibile, mentre quella provocata dall’infezione da morbillo può comportare danni permanenti e essere letale in un caso su 3000 (Bloch et al 1985, Omer et al 2009) .
Referenze
Bloch, A. B., Orenstein, W. A., Stetler, H. C., Wassilak, S. G., Amler, R. W., Bart, K. J., … & Hinman, A. R. (1985). Health impact of measles vaccination in the United States. Pediatrics, 76(4), 524-532.
Omer, S. B., Salmon, D. A., Orenstein, W. A., Dehart, M. P., & Halsey, N. (2009). Vaccine refusal, mandatory immunization, and the risks of vaccine-preventable diseases. New England Journal of Medicine, 360(19), 1981-1988.